Torricella Peligna
In Abruzzo il culto di Sant’Agata vergine e martire catanese morta il 5 febbraio 215 era uno dei più antichi e diffusi. Alla santa veniva associato la presenza di varie fontane e sorgenti miracolose, dette galattofore, presso le quali le devote compivano pratiche particolari di devozione, soprattutto le puerpere. Le madri che producevano poco latte, si recavano presso queste fonti e ne bevevano l’acqua e con la stessa effettuavano anche delle abluzioni sui seni nella speranza di aumentare la produzione del latte indispensabile per la sopravvivenza dei loro bambini. Queste acque erano, appunto, dette galattofore, portatrici di latte. Fonti e sorgenti erano dedicate a Sant’Agata poiché la santa, secondo il martirologio romano, fu martirizzata con il taglio dei seni e quindi elevata a protettrice delle puerpere e di tutte quelle patologie che colpiscono le mammelle.
Fra le varie fonti galattofore che costellano l’Abruzzo era rinomata quella di Colle Zingaro, una contrada di Torricella Peligna, contigua alla chiesa dedicata proprio a Sant’Agata che per le sue proprietà miracolose era chiamata la “Fonte delle Sise”, in dialetto “Fonte de le sese”. Delle proprietà galattofore di queste sorgenti ne parla anche lo scrittore Domenico Ciampoli di Atessa nella novella “La mietitura” quando le “comari” vanno a far visita alla pallidissima Graziella che aveva partorito un bel bambino e ognuna voleva baciare il “figlio del miracolo” poiché “ella ogni anno alla festa di Sant’Agata si era bagnata il seno nell’acqua della fonte benedetta; e poi, avendone poco, è presto fatto a farlo sgorgare a zampilli”.