di: Ottavio Di Renzo De Laurentis

Gessopalena | Storia della Brigata Maiella e l'eccidio di Sant'Agata

STORIA DELLA BRIGATA MAIELLA E L’ECCIDIO DI SANT’AGATA

Dopo l’8 settembre 1943, con la firma dell’armistizio dell’Italia con gli Alleati e la conseguente occupazione militare dei tedeschi, l’Abruzzo si trovò al centro del teatro di guerra con la Linea Gustav che la divideva in due zone. I paesi che si trovavano lungo la Gustav (da Ortona  a Montecassino), come Gessopalena, vennero sfollati e gli abitanti furono sottoposti a numerose angherie, soprusi, delitti, eccidi da parte degli occupanti, prima che i paesi nel dicembre 1943, fossero poi rasi al suolo con la strategia della terra bruciata per impedire l’avanzata degli Alleati dal Sud. La crudele occupazione creò disperazione e insofferenza nella popolazione che iniziò a raggrupparsi in bande partigiane per contrastare i tedeschi ed è così che intorno alla Maiella si sviluppò una forte resistenza contro il nazifascismo.

In prima linea tra le protagoniste della resistenza ci fu la “Brigata Maiella” fondata da Ettore Troilo il 5 dicembre 1943 a Casoli, con Domenico Troilo di Gessopalena vice comandante e responsabile militare. Dopo varie trattative, Ettore Troilo riuscì a far aggregare la Brigata Maiella all’Ottava armata inglese e poi al comando Polacco combattendo anche dopo la liberazione dell’Abruzzo, nelle Marche, in Emilia Romagna, nel Veneto e fino al 25 aprile del 1945 il giorno della Liberazione dell’Italia.

Nella motivazione del conferimento della “Medaglia d’Oro al valor militare si ricorda che “in 15 mesi di asperrima lotta sostenuta contro l'invasore tedesco sorretti soltanto da uno sconfinato amore di Patria, i Patrioti della Maiella affrontando sempre soverchianti forze nemiche, hanno scritto per la storia della risorgente Italia una pagina di superbo eroismo”.

Tra i più efferati eccidi di innocenti compiuti dai tedeschi fu quello di Sant’Agata, una contrada di Gessopalena, dove nella notte del 21 gennaio 1944 furono assassinati in un casolare 41 sfollati di Torricella Peligna con fucili e bombe a mano e poi, affinché nessuno appurasse nulla dell’orrendo crimine compiuto, furono dati alle fiamme. Si salvarono miracolosamente solo due fratellini Nicoletta e Antonio Di Luzio testimoni di un crimine rimasto senza colpevoli.

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